Andrei Brezianu – prezentarea filmului proiectat la Roma la 16 octombrie 2009
Mi spetta l’onore di dirle qualche parola sulla testimonianza di un romeno, di una personalità europea, la cui presenza a Roma, molto tempo fa –in qualche momento a fianco di suo fratello– è stata un’esperienza essenziale nella scelta di una vocazione, nell’abbracciare un destino esemplare nel suo confronto radicale con la storia del ventesimo secolo.
Si tratta del destino di Vladimir Ghika – erudita, filantropo, prete e finalmente martire – personalità le cui lettere del finale della vita, trasmesse dalla Romania negli anni quaranta e cinquanta, a suo fratello in esilio – il brillante diplomato Demetrio Ghika- costituiscono la materia di un film che vedremo stasera.
Un film–documento, di interesse storico e umano, sui terribili anni quarantotto – cinquantadue, della storia della Romania del ventesimo secolo. Anni vissuti da Vladimir Ghika sotto persecuzione; anni raccontati in queste testimonianze tramite l’ottica dei sentimenti di un perspicace intenditore, di un attento osservatore della società e della storia, –della sua patria e dell’Europa.
Vladimir e suo fratello Demetrio erano nati in una famiglia nobile, in una casa segnata dalla forte personalità di un padre principe, soldáto e diplomáto: il generale Giovanni Ghika, l’inviato diplomatico della Romania a Costantinopoli, fino alla proclamazione dell’indipendenza del paese della Sublime Porta, nel 1877 . Subito dopo, egli fu il primo ministro della Romania indipendente presso la corte imperiale della Russia, a Sankt Petersburgo.
I fratelli Ghika studiarono però a Toulouse, poi a Parigi, dove finirono la Facoltà di Studi Politici. Nel 1898, arrivano insieme a Roma, dove Demetrio inizia la sua carriera diplomatica come segretario del Consolato romeno. Vladimir vive qui, a Roma, lo shock del contatto con la grande storia, la folgorazione di un’amore che si dimostrerà inestinguibile per la Città Eterna. Nella biblioteca e negli archivi del Vaticano, scopre delle faccette inedite che attestano legami antichi dei Principi regnanti del suo paese con Roma; dei suoi propri antenati con la Catedra di Pietro. Continua i suoi studi di Storia, gli studi della laurea in Filosofia e Teologia. Qui adotta la fede cattolica, la quale ulteriormente lo porterà al sacerdozio e, alla fine, al martirio.
I primi scritti di Vladimir Ghika sono stati saggi storici trattando di vecchi legámi tra i romeni e Roma. Essi proiettano una luce rivelatoria sul modo nel quale l’autore vedeva il ruolo di Roma, l’importanza della latinità per i romeni. La latinità è stata “il guardiano e la guida della nostra personalità nazionale, con il suo centro naturale a Roma”, scriveva lui. Essa rimane per noi “il tesóro più prezioso, nel presente e nel futuro”: …”non ha esaurito il suo potere: da qui pende la nostra rinascita morale e religiosa”, scriveva lui.
Però non parliamo qui della storia dei libri, dei monumenti e degli archívi, ma della storia vissuta. Cioè – citando Vladimir Ghika – della “storia con conseguenze pratiche”, con la sua immensa forza di mutamento sociale, di ridirezionamento della vita dei popoli, quella che ha colpito a schiaffi l’Europa del ventesimo secolo; una storia che, accanto a suo fratello, Vladimir Ghika ha vissuto nella tensione più alta.
Rispetto alle botte di questa storia, il primo momento formatorio è stato, per i fratelli Ghika, il momento della prima Guerra Mondiale e della grande unificazione romena. In quegli anni –a fianco di suo fratello Demetrio–, Vladimir Ghika ha un ruolo decisivo nel stabilire le prime relazioni diplomatiche tra la Romania e la Santa Sede. Lascia il laicato e venne ordinato prete a Parigi nel 1923, all’eta di cinquant’anni. I suoi primi anni di sacerdozio sono devoti, nella capitale della Francia, ai rifugiati: specialmente a quelli russi e ucraini, cattolici e non cattolici, che frequentavano la chiesa per gli stranieri di Parigi. Tramite la parola e la scrittura, deplora l’ateismo bolscevico, e preoccupato di costruire le premesse di una strategia spirituale con lo scopo di portare ad una futura conversione della Russia. Risveglia nell’Occidente l’interesse per conoscere l’Oriente, per i bisogni spirituali dei credenti cattolici di rito bizantino. Sviluppa, nel fratempo, un’attività prodiga sulla scala globale; viaggia in interesse di missionario in Congo, Cina e Giappone; è presente ai Congressi eucaristici internazionali di Sidney, Cartagine, Dublino, Buenos Aires, Manila e Budapest.
Alla fine della seconda Guerra Mondiale, il dittato del bolscevismo totalitario prendeva però possesso sull’Europa dell’Est. Sotto la valanga del comunismo ateo cade anche la Romania, il paese dei suoi antenati. Demetrio Ghika parte in esilio. Vladimir sceglie di rimanere sul posto per continuare il suo apostolato in Romania, il suo paese, sottoposto con crudeltà alla sovietizazzione. In diversi modi e gradi di brutalita, tutte le religioni, tutte le confessioni sono persecutate, vituperate e demonizzate, soprattutto la Chiesa di obedienza romana .
“La Chiesa cattolica – l’ultimo ostacolo organizzato contro la piena instaurazione della democrazia popolare”, proclamava, nel quarantotto , la guida comunista della Romania sovietizzata. Appaiono articoli istigando alla feroce stigmatizzazione, alla sopraffazione, all’ annientamento della Chiesa Cattolica. I vescovi sono, uno dopo l’altro, buttati in prigione. La Chiesa di obedienza romana è condotta da una gerarchía clandestína, parlando dalle catacombe. Sul modello applicato alla Chiesa greco-catolica ukraína, la Chiesa greco-cattolica romena è messa fuori legge. Si punta, con violenza, alla scissione da Roma, allo scisma.
Il settuagenario Vladimir Ghika vive pienamente questa storia drammatica della paganizazzione comunista del suo paese, il brutto sovvertimento dei valori tramite il quale la nuova politica di stato cercava con tutte le forze di imporre alla società il modello sovietico, l’ateismo militante, la rimodellazione materialista delle coscienze.
Le lettere inviate da Vladimir a Demetrio Ghika dopo la caduta della Cortina di Ferro stano da testimonianza drammatica su tutte queste. Vladimir Ghika si è opposto fino alla fine a questo scatenamento distrutivo. Nella Romania sovietizzata, ha continuato a predicare, tramite la parola e l’esempio, il primato dello spirito, del legame necessario con l’Occidente, con l’Europa, con i vecchi valori di base. Ha sfidato tutti i tentativi del regíme di distruggere il legame tra la Chiesa cattolica di Romania e Roma.
Nel suo esilio, Demetrio Ghika riceve i messaggi del suo fratello su tutti questi eventi. Per una moltitudine di ragioni, esso non aveva come rispondere. Rimangono queste solitarie testimonianze su una sola voce, particolarmente commoventi e struggenti quando spiegate nel loro contesto. Lóro párlano di una particella dell’Europa – la Romania – a quei tempi sottoposta alla prova di un grande potere regionale, di un grande potere estero, che cercava di sradicarla con la forza, in quel ciclo della storia, dalla sua strada, di romperla da un certo spirito di cultura e civilizzazione, di strapparla dalle sue radici.
Gianbattista Vico parlava di corsi e ricorsi. Esempio di resistenza dello spirito, la vita di Vladimir Ghika offre una lezione forse applicabile, in parte, anche al ciclo storico di oggi. La rilevanza di questa lezione potrebbe essere sorpresa, mutatis mutandis, nell’azione portata oggi –su certi fronti ideologici, con altri mezzi materialisti di potere, a nome di altri ideologismi – per ripudiare delle radici precise di civilizzazione. Nel contesto europeo, l’Onorevole Rocco Buttiglione ci ha parlato spesso di questo.
Le radici sono tenaci. Come mostra anche l’esempio di Vladimir Ghika, –prete e martire– nel dominio saldo dello spirito, ciò che è radice vera da sempre frutto. Come possiamo capire meglio oggi –compreso dalle virtù del grande europeo del quale parliamo– le radici non si mútano. Il film di Ana Boariu -esemplificherà – sono certo- un pò di tutto questo.
ROMA –ACCADEMIA DI ROMANIA, 16 ottobre 2009