Andrei Brezianu – prezentare: Vladimir Ghika la al XIII-lea Congres Internaţional Il Volto di Cristo, Roma, 11 octombrie 2009 (versiune italiană)
“Il Discorso della Montagna e’ un compendio dell’ intero Vangelo. Le Beatitudini – un compendio del Discorso”. Questa citazione del vescovo e oratore francese Bossuet, sollecita la riflessione, puo’ portarci a considerare una ulteriore presa di coscienza: in profondita’, nella quintessenza del messaggio trasmesso dalle Beatitudini, quello che viene rivelato e’ il volto di Cristo. In un senso mistico, il Discorso delle Beatitudini offre davvero uno dei piu’ fedeli ritratti spirituali di Cristo da noi posseduto. E’ anche un modello di vita che viene offerto ai seguaci del Signore affinche’ lo imitino. Prendendo origine dal Discorso delle Beatitudini, la vita interiore di Cristo che lo Spirito riproduce in noi cosi’ da darci una forma nuova a Sua somiglianza, diventano tangibili caratteristiche fondamentali offerte ai Cristiani affinche’ possano impadronirsene, cercando di imitarle e seguirle.
Exempla trahunt. I santi sono coloro che indicano la via lungo l’arduo sentiero in cui, nella scia del Discorso della Montagna, la beatitudine consiste nell’opposto della gloria di questo mondo, dell’arroganza e della felicita’ terrestri, il contrario della maniera mondana di cercare la felicita’ nella pompa, nelle ricchezze materiali e negli altri impulsi umani che bramano il luccichio di cose non durature.
In opposizione alle vie del mondo che cercano l’appagamento, i santi sono la prova vivente della realta’ attuale delle Beatitudini evangeliche. In consonanza con quella che San Paolo ha chiamato la follia della Croce, esse mostrano come la vera, eterna beatitudine proceda allo stesso passo con la rinuncia, il sacrificio e l’abnegazione. Esse ci insegnano che la felicita’ puo’ anche significare essere disprezzati e perseguitati nel nome di Cristo
Come insegna il Discorso della Montagna, la felicita’ significa essere in grado di sacrificare ogni cosa – perfino la propria vita – come dichiarazione suprema del proprio amore per Cristo, cosi’ da condividere umilmente con Lui, se necessario, l’amarezza del calice, la sofferenza, il dolore, la passione e l’agonia sulla Croce – una vera follia per il mondo – proprio quella follia che capovolge la logica del potere della carne e apre le porte del Paradiso.
Un esempio recente di qualcuno che ha eroicamente messo in pratica quella che San Paolo ha chiamato la follia della Croce, questa via per la beatitudine, in cui la rinuncia, l’umiliazione di se’ stessi ed il sacrificio hanno dimostrato di non costituire un ostacolo ma bensi’ un passaggio verso la pace e l’appagamento– e’ il caso del Servo di Dio Monsignor Vladimir Ghika, uno dei molti modelli contemporanei di Cristiani per i quali – quella che noi possiamo chiamare “la beatitudine dei perseguitati”– e’ stata gioiosamente abbracciata come un dono, fino ad annullarsi completamente – sino all’ultimo respiro. Tale davvero e’ l’esempio di questo sacerdote romeno che, nel 1954, ha avuto la benedizione di offrire la propria vita in una prigione comunista, per amore di Cristo .
Era nato il giorno di Natale del 1873 con il titolo di principe, da una famiglia di principi, figlio di un illustre diplomatico, discendente da una delle piu’ facoltose famiglie principesche della Moldavia. Suo nonno, Gregorio Ghika V, fu l’ultimo Principe regnante del Principato della Moldavia. Vladimir Fu educato in Francia e crebbe nell’ambiente alla moda dell’alta societa’ parigina dell’epoca. Si converti’ a Roma nel 1902 e divenne figlio fedele della Chiesa Cattolica. In seguito, da laico devoto, continuo’ a condurre con garbo una vita molto attiva nei circoli diplomatici, culturali e politici di Parigi, Roma, Tessalonicco e, naturalmente, Bucarest. Poliglotta, intellettuale brillante, dallo spirito acuto, persona affascinante sotto ogni punto di vista, Vladimir era un uomo molto dotato e ricco di talento – scrittore, poeta, disegnatore, drammaturgo, storico, autore di parecchi libri. Egli avrebbe potuto diventare famoso come una personalita’ nel campo della cultura o nel campo artistico, alla guisa di alcuni dei suoi contemporanei di cui fu amico –Jacques Maritain, Francis Jammes, Paul Claudel, fra altri. O una personalita’ politica, o diplomatica, come i suoi antenati, e come suo fratello, Demetrio Ghika.
Tuttavia, andando contro i suoi eccezionali doni naturali, Vladimir Ghika scelse di dare priorita’ assoluta alla grazia, all’imitazione di Cristo, alle scienze divine. Fu qui a Roma, all’Angelico, che nel 1905 egli consegui’ il Dottorato in Teologia, mentre da laico continuava a porre le sue energie intellettuali e morali al servizio di Cristo e dei suoi simili.
“Non vi e’nulla di piu’probabile per spaventare coloro che sono orientati verso le cose di questo mondo, che le Beatitudini di Gesu” –scrisse Vladimir Ghika.
Abbraciando senza paura la profonda verita’ delle Beatitudini di Gesu’, il giovanne convertito disprezzo’ le distinzioni e gli onori mondani. Insieme ad altri inseguimenti, egli dedico’ personalmente una crescente parte delle sue attivita’ ai poveri, ai malati, a tutti diversi tipi di carita e di beneficenze .
Nel 1910 fondo l’Ospedale delle Sorelle della Carita’ della capitale romena, Bucarest. Nel 1913 durante la Guerra dei Balcani fu infirmiere voluntario dentro la quarantena di Zimnicea, prestando assistenza ai moribondi i ai contaminati di colera. Durante la Prima Guerra Mondiale, egli visito’ prigioneri su entrambi fronti –occidentale e orientale— viaggiando avanti e indietro fra la Francia, la Romania e l’Italia.
Cui, in Italia, nel 1915, prese personalmente parte attiva nelle operazioni di salvataggio e di soccorso alle vittime del tragico terremoto di Avezzano negli Abruzzi, simile a quello di cui siamo tutti stati testimoni quest’anno, nella catastrofica distruzione Dell’Acquila .
D’altra parte durante e dopo la guerra, a fianco di suo fratello che aveva ricevuto fratempo l’incarico di inviato romeno nella Citta’ Eterna, Vladimir Ghika prese parte ad una serie di eventi sociali e politici conseguenti al primo conflitto mondiale, incluso un’importante contributo alla messa in atto delle relazioni fra la Romania e la Santa Sede, e alla creazione della prima Nunziatura Papale a Bucarest nel dopoguerra. Allontandosi gradualmente dal protocollo principesco e dagli interessi terreni, Vladimir Ghika rinunziava dopo poco tempo alle sue ricchezze, cedeva i diritti di eredita’ e i suoi possedimenti, e cominciava una nuova vita interamente dedicata agli altri.
Nel 1920 accadde una svolta decisiva nella sua vita. Dopo un intervallo di riflessione durante un soggiorno con amici nei quieti dintorni della cittadina Talloires sul lago di Ginevra. A quel punto, dopo matura riflessione, la sua vocazione alla grazia del sacerdozio divenne certezza. Poco dopo, in 1923, all’eta’ di 50 anni, egli fu ordinato sacerdote e comincio’ umilmente una nuova vita in poverta’, prima servendo come pastore di una parrocchia per lavoratori in cattive condizioni nelle vicinanze di Parigi, Villejuif. La sua vita come sacerdote era destinata a continuare, sotto l’egida delle virtu’ di umilta’ e obbedienza. Piu’ tardi, in considerazione del suo lavoro e della fama di dedizione che aveva acquistato al servizio della Chiesa, Papa Pio XI lo nomino’ Protonotario Apostolico. In tale funzione, Monsignor Vladimir Ghika] prese parte a una varieta’ di missioni [in tutto il mondo, dal Congo all’America del Sud e al Giappone, sopratutto in occasione dei Congressi Eucaristici di Sidney, Cartagine, Dublino, Buenos Aires, Manila e Budapest.
Lo scoppio della seconda Guerra Mondiale lo trovo’ in Romania dove, sotto le incursioni aeree e i bombardamenti, continuo’ il suo apostolato, al servizio dei poveri, dei malati, dei feriti, dei prigionieri, dei svantaggiati, dei miserabili. Durante l’ultimo decennio della sua vita, bloccato in Romania, egli consacro’ la maggior parte delle sue energie al servizio dei poveri nella societa’ del suo paese. Dopo che i comunisti si impadronirono del paese nel 1948, egli continuo’ ostinatamente il suo apostolato e si oppose sin paura agli sforzi del governo ateo di rescindere i legami della Chiesa Cattolica romena con Roma, allo scopo di stabilire una chiesa scismatica nazionale. Nonostante le costante minaccie e intimidazioni del opressore, nonostante la sua fragilita – era quasi ottantenne e malaticcio–, Monsignor Ghika rischio’ la liberta’ e la vita, mantenendo contatti segreti con il Vaticano.
Uno dei memorabili detti di Monsignor Ghika era :
“Coloro che amano Dio sono pronti a scoprire nuove beatitudini in ogni situazione, spesso laddove uno meno se lo aspetta”…
Alla fine, egli rappresento’ questo dono di Dio nello scoprire, per amore di Cristo, ancora un altro aspetto di quella verita’ fondamentale: nella condizione estrema di un condannato, in un carcere di sterminio dei suoi persecutori.
Nel 1952, come conseguenza del suo audace modo di agire, egli fu messo in prigione dove soffri’ torture e infinite umiliazioni. Affronto’ con serenita’ la morte, compreso il supplizio delle finte esecuzioni. La crudelta’ e la durezza della sua esperienza nella prigione di sterminio di Jilava, possono a malapena essere descritte. Durante la sua passione per mano dei suoi persecutori mentre si trovava in carcere, le sue sofferenze assunsero un significato piu’ profondo ed un’ispirazione piu’ elevata, alimentati da tutte le sue precedenti esperienze di abnegazione e di sacrificio per gli altri e dall’amore di Cristo. In carcere, egli offri’ conforto spirituale ai suoi compagni di prigionia, identificandosi con le sofferenze di Cristo, offrendo l’immagine di Cristo agli altri co-detenuti. Per loro egli fu un’immagine di misericordia e di pieta’: nel mezzo dell’ardua prova dello sterminio da parte dei carcerieri, fu un richiamo vivente della dimensione redentrice del dolore e della sofferenza, proclamando la sua affinita’ con il Redentore crocifisso, scelta che lo condusse a condividere umilmente il fato del Redentore: arresto, torture, morte ignominiosa.
La morte di Monsignor Vladimir Ghika doveva essere l’apice della sua scelta di una vita rivolta al rifiuto dei valori terrestri e delle sue glorie: amico altruista dei poveri, dei derelitti, uomo di preghiera che molto ha sofferto, ed infine, ma non certo meno importante, uomo che ha sacrificato la sua vita per nostro Signore. La statura e l’influenza spirituale di Monsignor Vladimir Ghika dopo la sua morte sono tali che la Chiesa sta esaminando il suo caso per elevarlo al rango di Beato.
“O dolce Signore, possa io vivere una vita simile alla vostra. O dolce Signore, possa io morire una morte simile alla Vostra”, era una delle preghiere favorite di Monsignor Vladimir Ghika.
Nessuna altra eco o risonanza degli insegnamenti di Cristo nelle Beatitudini sembra piu’ appropriata a servire come conclusione a questa modesta presentazione di un testimone del ventesimo secolo – un grano di sale sulla terra, un seme nel raccolto del Signore, un messagero benedetto, lieto per avere offerto la sua vita per Cristo e la Sua Chiesa come martire.